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Francesco Bisagni
IO NON SONO NULLA



Riflessioni psicoanalitiche
su bambini e uomini d'oggi


Francesco Bisagni, è medico psichiatra. Ha avuto una prima formazione come analista junghiano presso il CIPA e a Londra con Michael Fordham. Successivamente si è formato come psicoterapeuta dell’età evolutiva secondo il modello Tavistock. È membro ordinario dell’AIPPI (Associazione Italiana di Psicoterapia Psicoanalitica Infantile), nonché ordinario con funzioni didattiche del CIPA (Centro Italiano di Psicologia Analitica) e della IAAP (International Association for Analytical Psychology). Per molti anni ha svolto attività formativa presso il CIPA ed altri Istituti analitici. Ha presentato lavori scientifici in molte sedi nazionali ed internazionali ed in particolare è stato docente dal 1991 al 2001 negli Stati Uniti all’Institute for the Advancement of Analytical Psychology – Psychoanalysis and Developmental Studies occupandosi di teoria e di clinica nel campo dell’analisi di adulti, adolescenti e bambini. Vive e lavora a Milano.

Uno dei pregi “del libro di Francesco Bisagni è quello di affrontare in modo molto rigoroso, per le elaborazioni che ci propone, le lacune dovute spesso alla differenza che sussiste tra psicoanalisi come teoria e psicoanalisi come esperienza.
L’autore ci racconta, attraverso la descrizione di immagini forti che assumono una coerenza a partire dai frammenti suggeriti, che l’inconscio è un insieme, un’organizzazione che riflette i percorsi primordiali del nostro stare al mondo, comprese le esperienze identificatorie strutturanti o de-strutturanti il mondo interno soggettivo. Quelle emozioni primarie che, a seconda della coerenza che riscontrano grazie alla qualità della comprensione condivisa, possono addensarsi in forme piene di significato per la formazione del Sé esperienziale oppure rimanere sparse, come in una costellazione vittima della forza attrattiva del vuoto.
La cesura tra teoria e pratica viene in questo libro colmata perché con molto coraggio Bisagni ci racconta cosa accade con il paziente rimanendo, nella descrizione, aderente ai fatti. Non ci sono intellettualizzazioni, non ci sono razionalizzazioni e non c’è bisogno di omettere ciò che può risultare scomodo da raccontare. In quelle lunghe sedute in cui la noia, il disgusto, la fatica, l’odio sono le matrici caratterizzanti l’incontro, lo sforzo fluido ed intenso del terapeuta di organizzare i suoi vissuti controtransferali in pensieri pensati ricompone quella cesura. Le evocazioni soggettive, le risorse personali e culturali penetrano organicamente la narrazione che va componendosi, collocandosi all’interno di quella differenza tra teoria e clinica per riempire il solco con un significato dal forte valore euristico (...).
Questa forma di rêverie è il preludio per un uso empatico e creativo della comunicazione all’interno della relazione psicoanalitica” (dalla Prefazione di Nadia Fina).




 

 

 


SDL/33, pp. 288, f.to 14x21, ill. b/n, Euro 18,00,
ISBN 88-87131-83-X, I ed. settembre 2006

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