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Rita Bruschi
IL TEMPIO BUDDHISTA
E LA VIA DEL Sé

Una lettura junghiana
del simbolismo di Borobudur

 

 Rita Bruschi, socio del Centro Italiano di Psicologia Analitica, membro dell’International Association of Analytical Psychology, ha svolto e pubblicato studi e ricerche su temi di filosofia del linguaggio e sul rapporto fra psiche e valori nella psicoterapia. Vive e lavora a Pisa.

La descrizione e l’analisi, da un punto di vista simbolico, del tempio buddhista di Borobudur, offrono in questo saggio l’occasione per rivisitare alcune peculiari tematiche junghiane, quali la religiosità, il rapporto fra Occidente ed Oriente, il processo di individuazione e il Sé, il mandala.
Infatti Borobudur, una delle più grandi creazioni artistiche del mondo, non solo esemplifica la dottrina buddhista, attraverso centinaia di bassorilievi che ne illustrano i testi più importanti, ma esprime anche la realizzazione concreta di un simbolismo psichico profondo di portata universale, essendo costruito esattamente come un mandala e concepito per essere circum-ambulato dai pellegrini che possono tracciare nei suoi corridoi il loro percorso di evoluzione spirituale.
I mandala sono una forma particolare di antichissimi diagrammi del cosmo, inteso come processo vitale che si svolge da un principio essenziale rotante attorno ad un asse centrale, l’axis mundi, su cui poggia il cielo e che è radicato nel sottosuolo misterioso.
Se tentiamo di comprendere i miti della formazione del mondo da un punto di vista psicologico, la cosmogonia diventa la descrizione simbolica della storia primordiale della coscienza umana, ed è allora interessante applicare allo psicocosmogramma di Borobudur, nei suoi molteplici livelli di significato, le numerose e importanti elaborazioni che Jung ha sviluppato in tutta la sua ricerca relativamente a questi temi.
Riflettendo infatti sulla sua esperienza clinica Jung riscontra delle condizioni inconsce presenti collettivamente, capaci di stimolare e regolare l’attività immaginifica addensandola in configurazioni tipiche, fra cui la disposizione radiale e la convergenza in un centro. La figura del cerchio, grazie alle sue proprietà formali, assurge a canonizzazione della regolarità, della stabilità, dell’unità, e in questo senso giunge a esprimere, secondo Jung, il massimo effetto terapeutico possibile in pratica.
La natura umana preme verso un fine spirituale che soddisfi le esigenze di sicurezza e di unità: esiste una forte valenza etica di congiungimento con un insieme (l’accostarsi, integrarsi, il far parte di una totalità) e Jung, da psicologo, ha mostrato che l’aspirazione all’unità del mondo simbolico è probabilmente radicata negli stessi simboli, di cui l’uomo è produttore e prodotto.

 

 

JED/7, pp 152, f.to 14x21, ill., Euro 13,43
ISBN 88-87131-28-7, I ed. febbraio 2001

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