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Maria Maddalena Pessina
EVENTI psicotici
in un NARCISISTA
 



Una ipotesi di clinica
junghiana contemporanea
 

 


Maria Maddalena Pessina, laureata in Filosofia all’Università di Venezia Ca’ Foscari, è psicologa analista e psicoterapeuta. È membro del Centro Italiano di Psicologia Analitica, C.I.P.A., dove ha ruolo di docente e di supervisore. È inoltre socio della I.A.A.P., International Association for Analytical Psychology. Come psicoanalista esercita privatamente a Milano, dove vive.
Nell’ambito della psicologia ha esordito collaborando come autrice di testi con la Rai, e con Enti pubblici e privati per iniziative e pubblicazioni tra cui L’Inquietudine del Gotico, 1986, Pietra e Luce, 1987, Diakronia ed.
Da anni le sue competenze hanno specificità esclusivamente clinica, e, a partire da un orientamento junghiano l’hanno condotta a occuparsi e a scrivere di teoria della tecnica clinica. In particolare, dallo studio del Corpus Junghiano e dalla psicodinamica di formazione del Simbolo, sta lavorando intorno ad una ipotesi di elaborazione di un Modello clinico Junghiano.
Per La biblioteca di Vivarium ha pubblicato Simbolo, Affetto e oltre… Riflessioni attorno ad alcune categorie e tematiche junghiane, nel 2004.

INDICE

  • Ringraziamenti
  • Prefazione (Luigi Aversa)

    PARTE PRIMA - Lorenzo Nobili: l’“impossibilità” alla relazione
  • L’inizio: l’invio e il primo incontro
  • Gli incontri successivi: lo ‘scegliersi’ di paziente e analista
  • Cenni di storia anamnestica
  • Infanzia, giovinezza e vita prima dell’analisi
  • Un nome per la narrazione
  • Fenomenologia, “in evoluzione e mutamento”, dei sintomi
  • Primi tentativi relazionali: panico e struttura narcisistica
  • Prima fase del percorso analitico: normoticità e Persòna
  • Sogni iniziali e il “grande sogno”
  • Nota a latere. Uso del linguaggio
  • Imago onirica di Madre, Padre e ‘Femminile’
  • L’incidente: la virulenza del complesso e la “dissociabilità della psiche”
  • Il trauma: la difesa dissociativa diventa, all’opera, difesa narcisistica
  • L’analisi procede: empatia e schema junghiano della Coppia Incrociata
  • Lo ‘stallo’: impasse della coppia analitica e, junghianamente, V, VI, VII tavola del Rosarium philosophorum de “La psicologia della traslazione”
  • Nota a latere. La clinica junghiana è clinica del “contagio”

    PARTE SECONDA - Dopo il dolore del sottrarsi, il dolore del ‘nascere-alla-relazione’
  • Oltre il luogo del divieto del complesso: la tecnica analitica nel vivo della trascrizione delle sedute
  • Il ‘Tempo’ di Emma. Ovvero: l’aprirsi alla relazione
  • Nota a latere. L’uso dei superlativi
  • Nota a latere. Idioma di coppia
  • Primo episodio di dispercezione: pervenire al nucleo archetipico del complesso e il fare-esperienza del trauma dentro la relazione analitica
  • Nota a latere. Parole e scritture in seduta
  • Ancora la dispercezione: ipotesi eziologica e fenomenologia. L’Ombra attivatrice dell’Io
  • Dalla ‘dispercezione-Madre’ al Padre
  • Nota a latere. La narrazione
  • ‘Epifania’ del lavoro analitico: – per il paziente, la scoperta del “significato”: l’“uso” della malattia come ‘luogo’ individuativo. – per l’analista, l’obbligo etico: restituire alla sua “estraneità” il “volto” (Lévinas),
    ‘ri-guadagnato’ con l’analisi
  • Appendice, come Conclusione
  • Bibliografia


     
“...Quello che ho voluto narrare in questo lavoro (identificabile come presentazione di un caso clinico) è in realtà la narrazione del percorso di una Coppia Analitica. Coppia intesa proprio così, come la intende Jung, secondo il modello fornito dallo schema della ‘coppia incrociata’: la coscienza del paziente – la coscienza dell’analista; l’inconscio del paziente – l’inconscio dell’analista e tutte le loro altre relazioni possibili (Jung), le loro identificazioni incrociate (Winnicott). (...) È il prodursi attraverso il tempo di questa coppia (...) che ha indotto e via via ispirato una attitudine sempre insatura e la necessità di una ‘pazienza’ (Bollas) per il mantenimento di quella apertura ermeneutica che è lo specifico dello Jung più moderno e più produttivo ancora tutto da riscoprire e da rinominare. (...) Il tono della mia ricerca clinica, invero, prende le mosse da questo modo di intendere il pensiero junghiano, da questo modo di viverlo poi nella clinica, come luogo di ‘processo aperto’ che si interroga sui propri fondamenti, senza voler possedere un modello assoluto nel quale identificarsi; ma che è capace di trasformarlo ‘inventandolo’ (invenio) via via, nel procedere del processo”(dall’Appendice dell’Autrice).


SDL/41, pp. 336, f.to 14x21, Euro 21,00,
ISBN 978-88-95601-11-3, I ed. aprile 2011

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