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Nathan Schwartz-Salant
BORDERLINE:
VISIONE E TERAPIA




Un approccio junghiano
al paziente borderline

 

 

Nathan Schwartz-Salant, dopo la laurea in medicina all'Università di Berkeley, in California, nel 1969 ha ottenuto, presso il C.G.Jung Institut di Zurigo, il diploma in Psicologia Analitica. Svolge la sua attività di analista junghiano, come libero professionista, a New York City. E' autore di Narcisismo e trasformazione del carattere (La biblioteca di Vivarium), nonché di numerosi altri saggi clinici; è coeditore delle edizioni cliniche (Clinical Series) della Chiron. E' direttore della Foundation for Research in Jungian Psychology.

Borderline è una sindrome di confine, a metà strada tra la nevrosi e la psicosi. I concetti di "confine" e di "area intermedia", corroborati da abbondante materiale clinico, spingono l’autore a esplorare territori dell’anima che toccano una zona psichica elusiva, liminale –né al di qua né al di là, né oggettiva né soggettiva –, che è la zona dell’immaginario, della facoltà immaginativa: l’area limite dove l’orientamento dell’Io comincia a vacillare e dove si costellano forze archetipiche potenti sulle quali non si può esercitare che uno scarso controllo.
I pazienti borderline vivono spesso la loro esistenza come se volessero evitare l’intensa sofferenza psichica dell’abbandono, e a tale scopo essi utilizzano meccanismi psicotici come l’idealizzazione difensiva, la scissione, il diniego e comportamenti ossessivo-compulsivi volti al fare o, all’opposto, all’inerzia.
L’autore preferisce però mettere l’accento su un altro fattore, cruciale ma generalmente ignorato nella letteratura psicoanalitica: la persona borderline ha scisso e rifiutato la sua "vista immaginativa". Il mondo immaginario del bambino è un universo di visioni. Quelle stesse visioni che costituiscono il fulcro delle società tradizionali e delle pratiche sciamaniche e che sono vive nell’infanzia grazie all’intima connessione del bambino con il mondo archetipico. Ma spesso il bambino, piuttosto che accettare di prendere consapevolmente atto di essere odiato per i suoi sforzi individuativi, preferisce abbandonare questo amplificato modo di vedere. Userà così in modo distruttivo la sua facoltà immaginativa, attaccando diablicamente gli aspetti positivi di sé e degli altri con cui interagisce.
Per fare luce sulla condizione borderline, gli approcci evolutivi o quelli basati sulle relazioni oggettuali sono importanti ma non sufficienti; l’esperienza degli stati che si subiscono attraverso la partecipazione nel campo interattivo non può mai essere pienamente compresa dal terapeuta facendo soltanto uso di queste teorie. Il terapeuta è entrato in un regno che comprenderà meglio con un atteggiamento simbolico. Deve abbandonare gli approcci razionali-discorsivi in favore di strumenti sfuggenti e impalpabili ma al tempo stesso radicati nel corpo, nell’inconscio somatico: fare appello alla vista immaginativa del suo "corpo sottile" con cui realizzare una coniunctio simbolica con il paziente. La psiche della persona borderline porta verso territori psichici paurosi e caotici, ma senza di essi non ci sarebbe rinnovamento per nessun essere umano.

SDL/4, pp. 392, f.to 14x21, Euro 20,66
ISBN 88-87131-06-6, I ed. ottobre 1997

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