Maria Cristina Barducci
IL
VELO E IL
COLTELLO

L'aggressività femminile tra cura e cultura
Maria Cristina Barducci è membro didatta dell’AIPA e dell’
International Association of Analytical Psychology. Autrice per il Trattato
di Psicologia Analitica, U.T.E.T 1992, della voce “Inconscio personale,
inconscio collettivo”, ha pubblicato numerosi articoli sul tema
dell’identità femminile e sulle figure femminili del mito, con particolare
riferimento alla pratica terapeutica. Già redattrice della rivista Studi
Junghiani collabora all’attività culturale dell’Associazione (convegni,
seminari) e ricopre l’incarico di Coordinatrice per la Sezione Toscana AIPA
di Firenze.
Ha collaborato con l’Università degli Studi di Firenze, Facoltà di Medicina,
per la formazione psicologica di medici e ostetriche (prof. a contratto).
Vive e lavora privatamente a Firenze.
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INDICE
- Prefazione - Una dimora per le
donne (E. Pulcini)
- Prefazione alla seconda edizione (C.
Albini Bravo, S. Carta)
- Introduzione
- Introduzione alla seconda edizione
- 1. Le donne della Bibbia come figure
del mito
- 2. Una donna chiamata Tamar
- 3. Maternità, aggressività,
soggettività
- 4. Il personaggio di Giuditta e il
confronto con l'aggressività
- 5. La vedovanza delle donne e il
personaggio di Penelope
- 6. Aggressività e femminilità: una
difficile coniunctio
- 7. Le madri assassine
- 8. Medea: un incubo che torna
- 9. Il cibo tra nutrimento e
distruzione: ancora un mito
- 10. Non-madre
- 11. Siamo tutti junghiani? Soggettività
femminile e metapsicologia junghiana, riflessioni
- Note
- Bibliografia
"Dai lavori pioneristici di Luce Irigaray all’“etica della cura” di Carol
Gilligan, dal pensiero della “differenza sessuale” italiano (Muraro,
Cavarero) alle proposte di un’ontologia del duale di area francese (Cixous,
Battersby), fino alla politica della differenza di matrice anglosassone (Pateman,
Elshstain), il pensiero femminile (chiamiamolo genericamente così) ha
cercato di porre in atto un’enorme opera di decostruzione e di critica del
pensiero occidentale. Ne ha dissodato con tenacia e capillarità ogni
territorio (filosofico, etico, politico, psicologico), mostrandone le
matrici essenzialmente maschili a patriarcali, e smascherandone aporie e
contraddizioni, rimozioni e false certezze. Lavoro tanto più arduo quanto
più preziosa e irrinunciabile era, ed è, la posta in gioco: che sta appunto
nella improrogabile necessità di far luce su quel grande buco nero che è
l’identità delle donne, la loro possibilità di porsi come soggetti;
differenziandosi in primo luogo dalle immagini cogenti costruite
dall’arrogante unilateralità del pensiero patriarcale. (...)
Si tratta (...) di scardinare quel postulato granitico millenario che ha
prodotto, per le donne, la più potente coazione identitaria: vale a dire la
loro identificazione con l’immagine materna, edificante, positiva,
altruistica; cui ha corrisposto, in modo evidentemente dualistico e
speculare, la condanna e la rimozione di ogni altro aspetto, stigmatizzato
come aggressività, colpa, distruttività. (...)
Così Barducci si avventura generosamente (...) nel mare aperto del mito, per
tentare, appunto, di trovare le tracce che consentano di superare quella
scissione” (dalla Prefazione di Elena Pulcini).
(s)/3, pp.
288, f.to 14x21, Euro 18,00,
ISBN 88-87131-80-5, I ed. aprile 2006 - II ed. settembre 2014 |