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Antonino Trizzino
LA PSICHE 
MINIMA




Affettività, Complesso,
Disaggregazione psicotica

 

Antonino Trizzino è nato a Roma nel 1973. E’ laureato in psicologia. 
Nell’ambito di ricerca del neojunghismo italiano si interessa al concetto di complesso e alle sue implicazioni psicopatologiche.

Che cosa avviene nella psiche allorché in essa si determina un processo di disaggregazione? La personalità, in queste condizioni, non è più retta da alcuna struttura centrale e coesiva di coordinamento, ma pare disperdersi – quasi con moto centrifugo – in capsule isolate, dominate dagli affetti e osmoticamente comunicanti con dimensioni di non esclusiva pertinenza psicologica.
L’intento di questo scritto è quello di proporre un possibile modello di spiegazione in merito agli esiti energetici della scissione, così come si configurano nel testo junghiano, tentandone, al contempo, il superamento e il raffronto con prospettive diverse ma altrettanto feconde per la psicologia del profondo. Si tratta di un terreno, quello relativo ai disturbi schizofrenici, in cui la psicologia del profondo affonda le proprie radici e si nutre di continui, vitali confronti. 
E’ a partire da Janet, dalla sua formulazione di esistenze psicologiche secondarie – e in seguito anche dagli studi di un altro autore, Bleuler –, che si renderà palese per Jung la possibilità teorica di connettere l’idea di dissociazione al concetto di economia psichica. 
In questa situazione, l’autonomia e l’emancipazione di cui godono le parti scisse (i complessi) ampliano il loro dominio funzionale sul resto della psiche, riducendo nel contempo la possibilità di qualsiasi soluzione integrativa o unificante. Viene meno, più specificamente, la capacità di elevare l’energia a un determinato livello nella gerarchia delle funzioni psicologiche, sfumando, in questo modo, qualsiasi attività adattiva. A essere contestata è la natura ‘centrata’ della psiche: l’idea stessa di identità personale.
Muovendo dal tessuto teorico che idealmente collega Janet, Bleuler e Jung, questo testo si propone di analizzare come il dominio ‘autarchico’ dei complessi non si realizza solo sul piano strutturale (o ‘anatomico’), ma sembra compromettere l’intero funzionamento biopsichico, sino a impedire anche il più elementare coordinamento spaziotemporale del soggetto. Ne risultano una riorganizzazione dell’intero equilibrio psicocorporeo e una diversa percezione della dimensione temporale; il complesso, dotato di innervazioni somatiche – oltre che di un aspetto propriamente psichico – e ora costellato di energia, presiede in toto all’architettura affettiva e alle connesse modalità operative, mediando tra corpo e mente.

SDL/12, pp. 112, f.to 14x21, Euro 13,43
ISBN 88-87131-26-0, I ed. dicembre 2000

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